Che dire ragazzi. Devo guardare in faccia la nuda e cruda
realtà. Non reggo più bene come prima.
Cosa, direte voi? Tutto, rispondo io… Le sbronze, per dirne
una, le simpatiche avversità della vita, per dirne un’altra.
Non sono più di gomma: il tempo felice del sorriso ebete e
della strenght da pallina rimbalzina, del machissene, sono ormai un ricordo
fugace. Non so se ci sia mai veramente stato o se è una pittoresca
rielaborazione a posteriori della mia mente, quella di me in slow motion con
gli uccellini che cantano e il sole che splende e i pastori che zufolano e le
pecore che trombano, ma abbiate pazienza… probabilmente il mio cervello produce
un maggiore quantitativo di endorfine (sì, quelle là, quelle pese) per farmi
superare le avversità della vita, evitando così che per la disperazione invece
che attraversare, resti fissa sulle rotaie del tram e defunga per troppo
scoramento.
Da brava vegliarda anonima, vado a condividere con voi le
mie traumatiche esperienze.
Una su tutte sabato sera: bel giretto per Torino con il new marito, il mio
migliore amico & testimone e una simpatica amica di lui… Cosa chiedere di più? Si parte con una
birra, ma piccola. Poi due tequila, poi due vodka lemon, poi un rhum che ci sta
sempre, poi un sorso di tamango…
E CIAO. Ho passato la domenica a letto STRA-VOL-TA. Io, che
reggevo anche l’idraulico liquido. NO WORDS. Sento i campanellini, sono
probabilmente quelli di una corsia di geriatria (degli anni 20 però, voglio le
infermiere vintage e le carrozzelle antiche).
Comunque secondo me è stato il sorso di tamango, sia messo
agli atti.
Oggi invece altro episodio traumatico: sono andata a lezione,
eravamo in un sottotetto che quelli della servitù nei palazzi parigini dell’800
erano spaziosissimi loft. Nello specifico una mansarda che non ha finestre che
si possano APRIRE. Capienza stimata: 60 persone (i maroni dell’adele). Studenti
presenti: circa un centinaio. UN CENTINAIO.
Come prevedibile, davanti alla porta dell’aula, sagacemente
chiusa a chiave perchè non si sa mai che gli studenti possano rubare qualcosa
(il pennarello per la lavagna magica?), c’eravamo noi tutti accalcati, chi come
me era arrivato presto, ha subìto per almeno un quarto d’ora una pressione non
indifferente, che evidentemente che quella porta non si aprisse agli ultimi
arrivati non gliene fregava una cippa lippa.
Il caldo era inaffrontabile, ci saranno stati almeno 35
gradi, tra calura da sottotetto, mancanza di ossigeno da sovraffollamento e
temperatura esterna di 27 gradi… (che poi qualcuno abbia la gentilezza di
spiegarmi perché ad Agosto, quando potevo mettere gli shorts, ne facevano 15 e
ora che è Ottobre e il mio cervello si rifiuta di prendere in considerazione anche
solo l’idea del pinocchietto, potremmo girare in mutande). Ventate di sudore
piegano le ginocchia già provate dal resto. E contate che io sono ad altezza
ascelle, non è bello.
Caldo, caldo, caldo. Che sia maledetto il quarto d’ora
accademico che prolunga questa dannata agonia. Finalmente arriva il prof e
riusciamo ad entrare in un locale in cui la temperatura è di almeno 3 o 4 gradi
superiore al corridoio.Evviva: la mia pressione crolla sotto i piedi.
Sono
stata schiacciata un quarto d’ora ma fare la sardina ha i suoi vantaggi e
riesco ad ottenere un buon posto. Quanto meno è a sedere. L’aria sa già di "umano" e l’ossigeno
è finito da un pezzo, altaleno tra la voglia di svenire e il cercare di
convincermi che sono un cianobatterio, per trasformarmi in una spora e rotolare
via. Sarebbe molto pheeco andarsene, ma ci sono ragazzi ovunque, sopra, sotto,
a destra e sinistra. Credetemi: c’era una moquette di studenti, che non sono
scappata urlando è perché mi faceva senso l’idea di calpestarli. Il prof
zampilla come la fontana di Trevi e la lezione parte.
Come parte la lezione, partono anche due garrule stronzette
dietro la mia schiena. E cì cì cì cì cì cì cì cì cì.
E cì cì cì cì cì cì cì cì cì. E cì cì cì cì cì cì cì cì cì. E
cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì
cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì
cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì
cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì
cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì cì
Ora… già devo sopportare la mancanza di ossigeno, il caldo tropicale, con tanto di organismi in rapida riproduzione, eravamo tutti boccheggianti, il prof sudava copiosamente, una situazione ai limiti dell’umana sopportazione e tu… Vieni a MANGIARE IL MIO OSSIGENO PER CHIACCHIERARE IN UN’AULA AFFOLLATISSIMA DELLA FESTA E DEL FICO DELL’ERASMUS?!?!?
E il prof mette in internet non solo le slide, ma anche la registrazione della lezione, che se non vuoi frequentare, quando hai slide e registrazione delle lezioni… che vuoi di più?!
Se vuoi parlare del fico dell'erasmus, non puoi farlo comodamente al bar?!
Stato psicologico della Betz:
- avrei voluto urlare per il caldo, mi sentivo mancare
- ho seriamente pensato che sarei morta quando hanno iniziato a spingermi contro una porta PALESEMENTE chiusa a chiave
- avrei ucciso le due giovinette dietro di me con una sedia trasformata in arma per l’occasione (la lettura di American Psycho ha fatto emergere la serial killer che è in me)
Come vi dicevo, non sono più la simpatica pallina rimbalzina… Non reggo più le sbronze con la tempra che caratterizza i giovinastri, sono insofferente alle ochette fancazziste…oggi ero a tanto così dal diventare la studentessa che ammazza tutti in un raptus. Non ho più l’età. Il viale del tramonto è vicino, devo appendere le scarpe col tacco al chiodo.
… Col cazzo!